Lavoro originale, denso di elettricità, pronto ad emergere e distinguersi dal panorama del Jazz . Il disco di debutto dei Wharthey non tradisce affatto i riferimenti spiccatamente statunitensi del Nu-Jazz attuale: Medesky, Martin & Wood, Charlie Hunter, Stanton Moore e John Scofield assimilati e metabolizzati in chiave personale da quattro musicisti italiani .
La forma canzone, pur trattandosi di un quartetto strumentale, trionfa e rende intuitivo ed immediato l’ascolto; la fisicità dei groove funk scolla dalla sedia anche il più pigro tra gli ascoltatori. Un’attenta analisi mostrerà poi che il tutto è strutturato su articolate cellule ritmiche e che le tecniche compositive utilizzate vanno da un approccio modale fino alla pura atonalità.
Le peculiarità stilistiche di ogni musicista si amalgamano in un magico equilibrio. Marino de Angeli è produttore artistico e chitarrista dalle sonorità avanguardistiche e dal fraseggio mai scontato, Lorenzo Nizzolini alle tastiere è sempre pronto a colorare di patina vintage anche il più futuristico sintetizzatore, il bassista Stefano Andreatta utilizza l’imponenza timbrica del precision bass a corde lisce per spaziare dalla rotondità motown fino alle distorsioni più estreme e Mauro Gatto ci restituisce l’espressiva bellezza della batteria dal suono aperto ed arioso e mai relegata a stilemi convenzionali.
“Striken the fries that’s a Vos”: la medicina perfetta per lasciarvi col sorriso e farvi affrontare la giornata ricchi di groove! |
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